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    Le storie di Natale del festival

    Cosa succede se un gruppo di persone deve decidere come spendere dei soldi comuni?

    Una delle proposte più interessanti della scorsa edizione del festival Pergine Spettacolo Aperto, dedicata al tema della crisi, è stata quella del collettivo inglese Kaleider che con “The Money” ha messo in scena un’idea semplice e ingegnosa al tempo stesso: la somma del denaro raccolto dalle quote dei biglietti pagati per ciascuna replica viene messa al centro di un tavolo e il pubblico-giocatore ha novanta minuti a disposizione per trovare una destinazione a quel denaro. Se entro il tempo stabilito non viene presa una decisione unanime, il contante resta sul tavolo e devoluto allo spettacolo successivo. In una delle discussioni dirette dall’ideatore Seth Honnor e dal suo gruppo a luglio il pubblico partecipante ha deciso all’unanimità di destinare la somma di denaro alla creazione di un fondo di “biglietti sospesi” per persone in condizioni economiche o sociali svantaggiate che vengono così messe in grado di godere degli spettacoli in programma al Teatro di Pergine. L’iniziativa sta proseguendo, molte associazioni e cooperative sociali hanno aderito e alla cassa del teatro si continuano a raccogliere piccole e grandi donazioni.

     

    Un’altra replica della performance dei Kaleider si è conclusa con la redistribuzione della somma tra i partecipanti e l’impegno a “utilizzare il denaro per trascorrere del tempo di qualità con persone estranee”. I racconti nati dalle esperienze dei giocatori sono molto interessanti e testimoniano quanto poco basti per mettere in circolo nuove relazioni che si nutrono di accoglienza, curiosità e condivisione. Ecco quindi Manuela che offre ristoro a Sonny, distinto signore anziano proveniente dalla Nigeria, o Cristina che incontra Sophie, venditrice ambulante del Senegal, tre figli e il bisogno di trovare un po’ di solidarietà al femminile. E poi Emanuela, la quale decide di superare il suo disagio iniziale offrendo un caffè a una persona desiderosa di confrontarsi – come facevano gli antichi filosofi – sul senso della vita, o Valeria insieme ad Alì, che lava i vetri ai semafori di Bologna dopo aver perso il suo lavoro in Fiera. E ancora Daniele e Michela che si procurano due catene di sosta per attrezzare una falesia adatta all’arrampicata, Anna che compra un cesto di frutta e la condivide con nuovi amici o Daniele che entra in contatto con un’associazione che porta la rete wireless in un piccolo borgo del territorio. Gesti semplici che però acquistano un valore particolare perché mossi da un sentimento condiviso nato in maniera imprevista all’interno di una performance, il cui scopo finale era proprio quello di far emergere i meccanismi psicologici e sociali che stanno dietro all’utilizzo del denaro. E leggendo queste storie un dubbio nasce: esiste un’aspirazione originaria e genuina degli individui a non trattenere il bene per sé, bensì a destinarlo ad altri, nell’idea che dal loro benessere possa nascere qualcosa di utile per tutta la comunità? Beh, oggi ci piace credere che sia così. Buon Natale a tutti.